inquam (vai alla coniugazione) irregolare, privo della forma passiva (paradigma: inquam, inquis, inquiī, n.e., n.e.; difettivo, manca del tema del supino, dell'infinito e di numerose uscite)

  1. dire, esclamare, affermare (utilizzato per introdurre il discorso diretto o per riportare le parole altrui)
ĭn | quăm
  • (pronuncia classica) IPA: /ˈin.kʷam/
  • (pronuncia ecclesiastica) IPA: /ˈin.kwam/

secondo il Dictionnaire étymologique Latin di Michel Bréal e Anatole Bailly l'origine è da ricercarsi in un più antico *invequam, il cui infisso -ve- è da correlare a vox, "voce", e pertanto riconducibile al proto-indoeuropeo *wṓkʷs, "voce", da cui anche il greco antico ὄψ; sempre secondo gli studiosi francesi, l'uscita in -am della prima persona singolare del presente indicativo è probabilmente un relitto di un antico modo aoristo, poi scomparso nella grammatica latina

secondo Julius Pokorny, Indogermanisches Etymologisches Woerterbuch, è invece da ricondurre al proto-indoeuropeo enskʷé-, a sua volta una derivazione della adice *sekʷ-, "dire", dalla quale discendono anche l'inglese to say, o il tedesco sagen.

  • il verbo, oltre che irregolare, è altamente difettivo; manca del tema dell'infinito e del tema del supino, all'indicativo è utilizzato solo al presente, alla terza persona singolare dell'imperfetto, e alle voci singolari del futuro e del perfetto; al congiuntivo manca di tutti i tempi tranne il presente
  • inquam è usato per introdurre il discorso diretto esplicito, per citare parole dette da altri, o come rafforzativo di qualcosa che si afferma (ad es. hoc inquam, "questo dico"). Per utilizzi più generici, si impiega il verbo dico